Di quando in quando
Di quando non conta più nulla e tutto deve rimanere dentro. Di quando rimane solo il fumo e il silenzio. Di quando pensi meno uno ma non si capisce il traguardo. Di quando hai il meglio di quello che puoi ed è già insopportabile. Di quando ti rendi conto della futilità dei cerotti. Di quando non è colpa di nessuno ma ti senti in colpa lo stesso. Di quando ogni parola è di troppo. Di quando si progetta un finale senza crescendo. Di quando sai che non di può pretendere, che non si deve pretendere, eppure pretendi.
Di quando il mondo avanza contro la tua volontà. Di quando cercare comprensione sarebbe incomprensibile. Di quando dicono che scrivi senza sentimento proprio mentre sono i sentimenti che si scrivono da sé. Di quando non si ha la forza di chiudere tutto eppure sarebbe l’unica cosa giusta. Di quando lo svolgimento è completo e mancano da scrivere solo le conclusioni. Di quando i numeri ti condannano e le lettere pure. Di quando si maledice ogni attimo di lucidità. Di quando sono i principi che ti tengono a galla perché ti hanno svuotato. Di quando scorrono ore inaccettabili che, nonostante le prese di posizione, tanto bisognerà accettare. Di quando il mondo è svuotato. Di quando è lo stesso.
Di quando saresti in grado di argomentare su opposte tesi retoriche. Di quando ingoi gli insulti che andavano urlati. Di quando persino gli insulti sono sprecati. Di quando niente può turbarti, nessun crimine, nessuna oscenità, nessuna blasfemia solo l’orribile banalità delle persone. Di quando devi solo dire che non vuoi dire. Di quando si perde tempo in cose senza utilità, senza bellezza, senza rispetto. Di quando giri l’ultima pagina e intravedi un baratro. Di quando si ripetono le giornate e non si distinguono gli anni. Di quando chiudi gli occhi per non sentire.
Di quando vi è talmente tanto orrore che anch’esso ha perso di timore reverenziale. Di quando non c’è risposta perché la domanda è ottusa. Di quando non c’è empatia perché vi è un giustificato odio. Di quando si tace per non dire idiozie. Di quando non c’è soluzione perché si rigetta la superstizione. Di quando non c’è soluzione semplicemente perché non c’è. Di quando non c’è consolazione perché il dolore è una delle cose da mettere in conto. Di quando non c’è ottimismo perché c’è intelligenza, non c’è resurrezione perché ogni ciclo ha un senso solo con la morte e non c’è miracolo perché il cielo è vuoto. Di quando non serve essere brillanti o profondi perché di fronte la controparte è piatta e opaca. Di quando non ti serve un finale ma una fine.
Di quando non conta quando.
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una voliera è sempre e comunque una gabbia.
Un gabbia può essere anche una casa.
Sei quello, che decidi di essere. Importante essere liberi e non manipolati.
Dissento completamente. Sei quello che riesci a diventare nel percorso tra i tuoi desideri e le possibilità della tua condizione sociale, familiare, fisica e piscologica. Nessuno è libero e tutti siamo manipolati. Chi lo nega è colui che è peggio messo in termini di assuefazione alla schiavitù.
Sono d’accordo completamente. Sono quello che riesco a diventare perchè scelgo e decido il mio percorso creato dai miei desideri e dalle condizioni di vita. E si, siamo tutti manipolati. Non per questo è importante la libertà e liberazione? Tolgo disturbo.
Per gli stessi motivi sono quello che non sono riuscito a divenire anche perché la liberazione è importante ma spesso utopica.
oscillo con discreta frequenza (come gran parte di noi) tra verità folgoranti e calci nei denti, per citare l’autore dell’accompagnamento musicale a questo post. l’unica libertà possibile è sentire davvero che i calci nei denti ce li siamo cercati, che ci servivano come apertura – in tutte le accezioni del caso.
Io non oscillo, non tremo, non scrivo.
peccato!